“SfiDe”. La gloriosa storia dei bianchi del Savoia, tra finali scudetto e clamorosi harakiri

Bentrovati, affezionati lettori, all’appuntamento settimanale con “SfiDe” la rubrica di Sportcampania.it dedita a raccontare le grandi imprese delle campane di quarta serie. Dopo aver celebrato la trecentesima in carriera di Pietro Varriale, l’incredibile stagione della “lince” Diego Zerrillo, del baby bomber Giacomo Romano, dell’emigrante Domenico Aliperta e dopo aver “viaggiato” nei meandri della coppa Italia di Serie D, scegliamo per questa settimana di raccontarvi la storia di una delle società più gloriose ed antiche del calcio regionale e non, il Savoia.

La capolista se ne va – Oggi come oggi gli oplontini rappresentano l’eccellenza delle campane impegnate di quarta serie. Gli uomini di Feola, primi senza praticamente rivali nel girone I, hanno (quasi) ipotecato la promozione in quella che, dall’anno prossimo, sarà la “vecchia C” (senza la scissione in Prima e Seconda divisone). Ma lo scopo del nostro appuntamento odierno non è tanto quello di celebrare le gesta di Meloni e compagni, quanto più di fare un giro nella storia oplontina, un giro lungo più di un secolo.

L’alba oplontina – Era fine novembre 1908 quando una cordata di imprenditori di Torre Annunziata, specializzati nel settore alimentare (pasta e farina) decise di metter su una squadra di calcio. A capo di quell’ Unione Sportiva Savoia c’era Ciro Ilardi, tra i vari soci Andrea Bonifacio, Italo Moretti, Leonida Bertone e Willy Fornari, che poi sarà anche il primo allenatore degli oplontini. Si opta per una divisa interamente bianca, il motivo è semplice: il bianco è il colore della materia prima che sfama centinaia e centinaia di famiglie in quel di Torre, la farina dei pastifici e dei tantissimi molini.

Savoia campione – Dopo essersi affiliato alla FIGC nel 1915 il Savoia comincia la sua graduale crescita, che sfocerà nel boom del 1924. Tra il ’16 ed il ’23 la società torrese disputa una coppa Internazionale (che, a differenza di quanto si può evincere dal nome, fu un torneo riservato a sole realtà del litorale partenopeo), un campionato di terza categoria, uno di Promozione ed il conseguente balzo in “prima”. I bianchi erano sempre una squadra da vertice, con un piano societario molto solido alle loro spalle e, pur non vincendo ogni stagione, l’allargamento dei quadri federali permise loro di lottare praticamente da subito per il titolo di campione campano. La squadra, allora allenata da Raffaele Di Giorgio, vinse per tre volte consecutive il titolo di campione della Campania (dal ’22 al ’24), fino ad arrivare a laurearsi campione dell’Italia Meridionale proprio nel 1924.

La finale scudetto – Prima della nascita del girone unico e dell’amata Serie A, per assegnare lo Scudetto si ritrovavano ad affrontarsi la squadra campione dell’italia centro-settentrionale contro quella del centro-sud. E’ il 1924 ed il Savoia della famiglia Voiello, dovrà quindi scontrarsi con una delle società più gloriose ed antiche del calcio italiano, il Genoa. La finalissima scudetto si gioca in due atti: il primo in Liguria ed il secondo al “Campo Oncino”. Allora la disparità tra le squadre del nord e le realtà del ‘nostro’ mezzogiorno era imbarazzante: la finale, fino a quel momento, era mera formalità. Gli squadroni del nord passeggiavano sulle piccole squadrette meridionali. Il Savoia fu la prima eccezione.

La non sconfitta storica – In quel di Genova, la gara terminò 3-1 in favore dei padroni di casa, già sette volte campioni d’Italia. Il Savoia di Di Giorgio giocò una gran gara ma lo stress della trasferta e la poca esperienza di Mombelli e compagni non riusc√¨ ad evitare la dipartita. Qui in Campania, nel frattempo, si grida al miracolo: il Savoia ha perso “solo” per 3-1 (in genere i rossoblù erano molto più spietati con i “colleghi” del sud) e potrà giocarsi il ritorno all’ Oncino per, eventualmente, arrivare alla “bella”. Non andrà cos√¨: il Genoa riuscirà a strappare l’1-1 e l’ottavo titolo di campione d’Italia. I bianchi sono però fieri: non era mai successo ad una meridionale di non perdere entrambi gli incontri-scudetto. Visciano, Nebbia, Lobianco,Cassese, Gaia, Borghetto, Orsini, Ghisi I, Bobbio, Mombelli, Maltagliati: questo l’undici che, ancora oggi come una filastrocca, riecheggia tra i tifosi oplontini più o meno giovani.

I problemi societari – Da inizio anni ’30 a metà anni ’90, in casa Savoia, si alternano varie presidenze ed altrettanti problemi di ordine economico. Il Savoia alterna imprese epiche a tracolli finanziari, si cambiano vari impianti sportivi, a volte anche le divise da bianche diventano azzurre, anche la denominazione ogni tanto subisce qualche variazione. Nel 1946-’47 il punto più alto della storia oplontina per quanto concerne il girone unico. L’anno prima, infatti, i bianchi riuscirono ad arrivare quarti al Campionato Campano Misto, strappando però il pass per l’accesso in serie B a seguito delle rinunce di Gladiator e Benevento. Il Savoia di mister Compiani e dello storico trio Ghezzi-Rossi-Calleri arriva sesto in cadetteria. Dall’apice della storia oplontina il lento declino: prima la retrocessione in C poi il lento tracollo fino al fallimento del 1954. Anche il “Formisano”, dal ’29 casa delle gare interne dei bianchi, viene chiuso. Dopo vari anni di triste peregrinare sui polverosi campi di provincia, nel 62′ il Savoia torna ambizioso e trova una nuova casa, il “Comunale”. In due anni, sotto la guida prima del Petisso Pesaola e poi del duo Spartano-Lopez, i bianchi ritrovano la C. Nel ’66, però, un nuovo declino colpisce il Savoia: nonostante un campionato dignitoso in terza serie, un filotto di sei sconfitte consecutive nelle ultime sei giornate di quel campionato costringe gli olpontini allo spareggio salvezza con il Nardò. Spareggio perso per due reti a zero. Si torna nel calcio di provincia, in D.

Gli anni ’70 – I bianchi, dopo un emozionante testa a testa con i “cugini” della Turris, riescono con l’avvento del nuovo decennio a tornare in C. Il Savoia è di nuovo grande, ambizioso. Con buona pace dei tifosi, i tempi “cupi” sembrano lasciati alle spalle. La società è ambiziosa ed in Città si parla di un progetto che possa culminare col ritorno in B. Non andrà proprio cos√¨: tra ’71 e ’72, dopo un buon primo anno di C, i problemi societari portarono i bianchi ad una doppia retrocessione. Torre Annunziata è costretta ancora a ripartire dal basso, questa volta addirittura dall’Eccellenza.

La C2 – E’ l’estate del 1978 e la FIGC divide la Serie C in due ‘grupponi’: la C1 e la C2. Il Savoia, l’anno prima, gioca gli spareggi per il passaggio dalla quarta alla terza serie ma, sul più bello, inciampa. Poco male: i suoi meriti sportivi, portano la compagine oplontina alla promozione. In C2 il Savoia dà spunti di gran calcio, arriva tra le prime ma, nel 1982, altri problemi societari attanagliano i bianchi. Sembra una vera maledizione: ogni qualvolta i fatti sembrano stare dando ragione a società e squadra, una sciagura economica s’abbatte sul Savoia. Dall’82’ al 89′ i bianchi disputano il campionato interreggionale, l’attuale Serie D.

I Farinelli – Nel 1989 un ricco ed ambizioso imprenditore locale, Pasquale Farinelli, riesce ad allestire una squadra da promozione. Dopo un appassionante testa a testa con lo Stabia, i bianchi riescono a strappare il pass per la C2. Il “Giraud” s’abitua al calcio che conta: fino al ’94 la squadra della famiglia Farinelli mantiene (con molta dignità) la categoria. Ma nell’estate di quell’anno sembra che la storia si stia ripetendo con la stessa copiosa regolarità degli altri anni. Farinelli ha difficoltà economiche e non può più investire, bisogna trovare un altro patron o, per l’ennesima volta, si tratterà di fallimento. Il patron lo si trova: è Viglione. Rispetto al suo predecessonere, però, Viglione ha meno fondi da investire e allora, più che puntare su grandi nomi, ci si dedica ad un progetto tecnico giovane ed ambizioso, con un tecnico di belle speranze in panca, Gigi De Canio.

Di nuovo storia – Nel ’95, dopo una tranquilla salvezza, De Canio porta i suoi alla storica promozione in C1 a seguito di uno spareggio playoff vinto col Matera (2-1) sul neutro dello Zaccheria di Foggia. In Città è di nuovo festa, il Savoia è di nuovo grande. I bianchi sono, finalmente, dopo un ventennio di alti e bassi, di nuovo in terza serie. La piazza è innamorata: ogni domenica il Giraud è pieno, pullula di supporters, ogni torrese, di ogni più disparata età ed estrazione sociale, la domenica pomeriggio canta al Giraud.

Moxedano – Un anno dopo, Mario Moxedano decide di rilevare la società. Rispetto ai suoi ultimi “colleghi”, Moxedano può garantire una stabilità economica unica nel suo genere ai bianchi. L’obiettivo è tornare, come quasi 50 anni prima, in B. Moxedano spende e già al secondo tentativo sfiora la promozione. Tra il cammino dei bianchi e la cadetteria c’è però di mezzo l’Ancona. Nel ’99 il secondo tentativo: Moxedano chiama Jaconi, lui riesce a centrare i playoff solo all’ultima giornata. I media danno i bianchi per spacciati, ma loro regolano, in due epici derby, prima il Benevento (semifinale) e poi la Juve Stabia. Il Savoia è in B.

Modern times, il nuovo millennio – In Città non si parla d’altro. Inutile tifare Napoli, il Savoia concorrerà con gli azzurri nella loro stessa categoria. Il 2000 è l’anno del calcio che conta, in quel di Torre. In attacco, per i bianchi, gioca Ghirardello che, a fine anno, siglerà 16 marcature. Le gratificazioni arrivano: il Savoia vince le gare interne con Empoli (retrocesso dalla A) e Samp, vince sul campo della Salernitana (a sua volta, l’anno prima, nella massima categoria del calcio italiano) e pareggia al San Paolo di Napoli ed al Rigamonti di Brescia. Troppo poco, ahinoi. I bianchi retrocedono in C1.

Il nuovo harakiri – L’anno dopo la retrocessione il Savoia sfiora di nuovo i playoff, ma la classifica avulsa condanna la compagine torrese a favore dell’Ascoli, che poi, in pochi anni, toccherà la A. Moxedano lascia: il nuovo patron è Pane. Pane ha però dei guai con la legge e, inevitabilmente, la questione influisce sulla sua creatura Savoia che, in poche stagioni, si ritrova dall’aver lottato con Napoli e Sampdoria all’ennesima ripartenza dai bassifondi. Il Savoia è nuovamente fallito, Pane è in carcere e la squadra in Eccellenza.

Gli anni della risalita – Qualche anno di D, poi l’Eccellenza, poi la rifondazione. I tifosi del Giraud ne vivono troppe fino a che, nel 2011 la loro A.S.D. Calcio Savoia torna l’Associazione Sportiva Savoia 1908, titolo depositato in tribunale da circa 10, lunghi, anni. Nel 2012 gli oplontini tornano in D, a seguito di una spaventosa marcia trionfale che sancisce la vittoria del campionato di Eccellenza con 5 giornate di anticipo. Il Savoia è di nuovo una realtà ambiziosa, la piazza è di nuovo vicina a società e squadra. Il sogno è di nuovo chiamato Lega Pro.

Ad oggi, nonostante le noti vicissitudini del Presidente Lazzaro Luce, il Savoia di Feola ha un piede in C. L’augurio alla società oplontina è quello di poter sancire, finalmente, un ciclo che porti questa gloriosa compagine ai livelli che le competono.

 

Mirko Panico