Riprendiamo il problema che abbiamo affrontato la scorsa settimana, vale a dire il Settore Giovanile e il circolo di soldi “sporchi” che lo circondano. Cos√¨ come abbiamo sottolineato, molte stretture dedicate ai giovani talenti nostrani vanno avanti grazie ai soldi dei genitori dei giocatori e non con i finanziamenti statali che la Lega passa. Abbiamo sottolineato come vitto e alloggio, oltre che istruzione, devono essere a carico della società ospitante, ma come in realtà stare in una squadra significa spendere i soldi per mantenere il proprio figlio. CLICCA QUI PER RILEGGERE L’ARTICOLO
Per approfondire maggiormente l’argomento la nostra redazione ha contattato Gennaro Ciotola, Talent Scout fondatore della Ciotola Scouting, nonchè direttore sportivo appena tesserato e ntermediario. In esclusiva, il direttore sportivo, ha commentato la situazione dei settori giovanili e del calcio giovanile italiano: “Purtroppo molte società ancora ad oggi, danno in gestione i settori giovanili, a persone che nulla hanno a che vedere con la propria società nè tantomeno con il mondo del calcio, per scrollarsi da dosso i costi, e responsabilità. Purtroppo chi va ad investire una somma, deve avere un ritorno, fatturazioni, ma sopratutto illusione dei giovani calciatori, e tanti soldi che spendono i genitori. Le normative parlano chiaro, le spese di vitto e alloggio dovrebbero essere a carico delle società, ma raramente è cosi, parlo ovviamente della Lega Pro. I genitori per dare un minimo di speranza a un figlio, fanno il gioco di chi sta dall’altra parte, ma non è cosi che si cresce un ragazzino: se una società punta su un giovane, deve valorizzarlo, e non farsi pagare le rette fino a fine campionato e poi mandarlo via…. Sbagliano i genitori. Va di moda il fatto che i propri figli giochino nelle professioniste ma non va bene, nei campi di provincia se ne sentono di tutti i colori”. Problema di finanza o di mentalità? Abbiamo sottolineato che i fondi statali che arrivano dalla Lega sulla base della Legge Melandri non sono abbastanza, ma questa non può di certo essere una giustificazione: “Io credo che dove non arrivano tanti soldi debbano arrivare le idee, il problema sta nella testa, più che nella finanza. Prima di tutto se io società di Lega Pro, non ho tanti soldi da spendere, ok lavoro su ragazzi della zona…ma a una sola condizione: gente qualificata, gente formata, gente che mi può migliorare un giovane. Il risultato della partita fino alla categoria Primavera è un optional, io devo formare ragazzi, il settore giovanile è la fonte primaria di una società, la vittoria sta nel portare i propri giovani in prima squadra”. Tante volte si sentono parlare addetti ai lavori, ex tecnici, tecnici, direttori sportivi, ecc denigrare la “materia prima” italiana, definendo i giovani italiani di livello basso e quindi è giustificato andare a scovare gente all’estero, ma qual è la verità: “I giovani talenti italiani non sono più all’altezza? Una bufala!!! Partiamo dal presupposto che abbiamo dominato nel mondo fino a pochi anni fa… Siamo una scuola per l’Europa intera, il problema arriva dal basso, già nelle categorie inferiori per far carriera molti allenatori non puntano sulla crescita tecnica del ragazzo, ma sulla vittoria della partita o del campionato. In questo caso non sto formando, sto distruggendo, parliamo di attività pre-agonistica. Nell’attività agonistica, molte volte non c’e meritocrazia, gioca il figlio dello sponsor, gente che ha portato il direttore o l’allenatore che a loro volta prendono le mazzette dalle famiglie. Il cancro del calcio, dispiace dirlo, parte dai genitori, cosi la meritocrazia va a farsi fottere. Nella mia squadra ideale voglio 18 orfani. Ovviamente non è tutto il calcio italiano che è schiavo del sistema, negli ultimi 4 anni c’e stata una crescita molte società stanno ritornando a puntare sui propri vivai, e qualche risultato si comincia a vedere. E’ un progetto lungo, non è che in 2 anni si ritorna al vertice del calcio mondiale, bisogna essere pazienti e lungimiranti, la strada per molti è quella giusta”. Puntiamo il dito sulla Lega Pro e sulle dilettanti, ma davvero è solo in queste categorie che dilaga questo problema? “S√¨, il problema sta nelle piccole professionistiche e nei dilettanti. Io collaboro con la Pro Vercelli, come osservatore qui al Sud Italia non c’è un solo ragazzo che paga il convitto, nè tantomeno ci sono mazzette, società limpida seria, e che punta alla crescita del ragazzo”. Ecco quale potrebbe essere una soluzione: “La federazione deve fare controlli, il settore giovanile deve essere la prima risorsa di un club, non si gioca con i sentimenti dei ragazzini. Opterei per i club di Lega Pro, giocare con ragazzi sotto età valorizzarli e venderli alle big…. o portarli in prima squadra questo si chiama plusvalenza, questo è il business che devono fare le piccole”.
Nella speranza che un giorno possiamo raccontare una nuova realtà, un superamento di questo problema.
Cristina Mariano