Savoia. Todisco, Altea e Pellerone: quando l’Osanna non è nei cieli

“Tutto ciò che l’uomo ha imparato dalla storia è che dalla storia l’uomo non ha imparato niente”. Hegel, uno dei massimi filosofi della storia, evidentemente non pensava a Torre Annunziata e al Savoia quando ha lasciato agli annali questa frase, ma mai come adesso è attuale.

Perché nei corsi e ricorsi storici della centenaria storia biancoscudata, c’è un liet-motiv che accompagna soprattutto gli ultimi anni: la “fuga” dei presidenti. L’ultimo, in ordine cronologico, è Pellerone. L’uomo del Nord, pronto a rivoluzionare la squadra oplontina a suon di bitcoin e che poi proprio come la moneta virtuale ha subito un clamoroso tonfo, che a confronto la depressione americana del ‘29 era una passeggiata di salute.

Il patron, o per meglio dire ex, ha annunciato l’addio nelle scorse ore. Colpa di uno stadio che non ha, ma che non aveva nemmeno quando ha iniziato il campionato, arrangiandosi in strutture definite “precarie”, seppur scelte dalle stessa società e non di certo imposte. Il Savoia Ferrari, come coniato da qualcuno a cui bisognerebbe ricordare che l’ultimo accostamento con la famosa rossa fu fatto da Altea (altro presidente che disse addio a metà campionato), proprio come le rosse sbaglia le strategia, finisce dritto ai box con i pit stop che somigliano più a ritiri.

Insomma, Pellerone è solo l’ultimo viandante arrivato in una città che ormai sembra essere diventato un porto franco, in cui si cambiano presidenti come figurine.

I limidi, ops scusate limiti, sono da ricercare in quella piccola ma preponderante parte della tifoseria che ha fatto del “basta mettere la palla al centro” uno stile di vita, senza cercare la qualità, facendo passare l’imprenditore di turno per il Mansour della situazione pronto a portare il Savoia a sfidare Inter e Milan in poco tempo, quando invece bisognerebbe prima farlo contro Pomigliano e Pompei, giusto per citare le ultime avversarie dei bianchi.

D’altronde se da Todisco in poi, passando per Altea, Nuzzo, Mazzamauro e lo stesso Pellerone, ben 3 presidenti hanno abbandonato a campionato in corso, vuol dire che c’è più di un problema. Certo il Giraud è quello principale, con la questione stadio che è anche lo specchio di una politica che ha fallito come dimostra lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche, ma non è l’unico. Senza contare l’ultima indagine, che ha portato addirittura all’arresto dell’ex dg, in cui la Procura parla di un “pizzo” da pagare al clan da parte dei presidenti.

Torre, quindi, deve affrontare questo stop facendo autocritica, abbandonato la barca, a onor del vero sempre più piccola, del “basta mettere la palla al centro”, per tornare a puntare sulla qualità. Magari costruendo, anche dal basso, un Progetto, la maiuscola è voluta, che possa davvero durare e che non abbia i pit stop contati.