Napoli. L’addio di un capitano: 12 anni di indelebile storia

Nella serata di ieri è andata in scena la prima ufficiale partita senza Marek Hamsik. Una partita come tante altre, sembrava all’inizio, quando non si era ancora metabolizzato che quell’assenza non era occasionale, ma definitiva. Marek Hamsik non c’era più in panchina, non era in tribuna, quella fascia di capitano ormai è di un altro calciatore.

Durante questo pensiero un tonfo al cuore avrà sicuramente colpito molti tifosi che con quel numero 17 sono cresciuti.

Hamsik va via come arriva, in silenzio, senza polemiche, lasciando un vuoto molto probabilmente incolmabile per tutto quello che ha fatto e scritto sulle pagine di storia del Napoli targato Aurelio De Laurentiis. La prima Europa League, la supercoppa, le Coppa Italia, la prima Champions. Un calciatore che si è inventato e reinventato sotto i vari allenatori che sono passati su quella panchina. Da Reja a Sarri, da Benitez e quel mal digerito 4-2-3-1 che non gli permetteva di esaltare le proprie caratteristiche come altri moduli. Mai una parola fuori posto. Neanche in quel caso, mai una richiesta sopra le righe. Capitano forse d’altri tempi accusato spesso e volentieri di non essere realmente un leader perchè non accerchiava e urlava contro il direttore di gara.

Capitano silenzioso che ha sempre messo la faccia, che per il Napoli ha tagliato e tinto la cresta, quella cresta che ha accompagnato 12 anni di storia partenopea. Tra alti e bassi, un giocatore che è passato dagli allori agli insulti, sempre e comunque, per il suo modo di giocare, discontinuo, sicuramente, ma che sapeva accendersi in qualsiasi momento e cambiarti la partita.

“Seppellitemi qui, lasciatemi morire qui” – diceva, urlava Raffaele Auriemma in quel Juventus-Napoli di quello storico 31 ottobre 2009 quando la silurata di Hamsik siglò la completa rimonta e consent√¨ di espugnare dopo un ventennio l’Olimpico di Torino.

“Chi non salta rossonero è” – la frase che ha caratterizzato l’estate 2008, quando Mino Raiola aveva fatto piangere e spaventare centinaia, migliaia di tifosi all’annuncio del fantomatico mister X cercavo da Adriano Galliani, quell’intervista in slovacco mal tradotta che aveva fatto presagire ad un addio prematuro, quel salto a nel ritiro, durante la presentazione della squadra. Quel silenzioso, resto qui non vi preoccupate che ha fatto esplodere di gioia i presenti in quella serata di agosto.

Quel bacio sulla maglia, quegli applausi, quegli urli dopo i gol, lo scrollarsi di dosso una sfortuna che durava troppo, quel “alzate la voce che non vi sento” sotto la curva del San Paolo. Tanti piccoli pezzi di ricordi, come un puzzle che mentalmente ogni tifoso ha ricostruito, cercando forse di trovare il perchè di quest’addio, mentre un’immaginaria lacrima scorre sul passionale cuore azzurro.

Se sia un addio o un arrivederci lo dirà solo il tempo, al momento ci si sofferma solo a pensare che un altro pezzo di storia va via, per l’estremo oriente, quella Cina che tanti campioni ci ha strappato nel corso degli anni.

Cristina Mariano