Uno dei primi articoli che ho avuto il piacere di scrivere condividendo le mie riflessioni con i lettori si riferiva alla ‘schizofrenia’ dell’ ambiente-stadio partenopeo. Troppo simile, a volte, ad un ostile covo di irregolarità (ingressi, gabbie, code, assenza di bambini e famiglie), e magicamente trasformato (ci si riferiva a un incontro della Nazionale) nel luogo sportivo e allegro che tutti vorremo vivere e condividere: con donne, piccoli tifosi festanti, allegria e organizzazione.
Parto da questa considerazione perch√© sono giorni in cui ci si riferisce, sempre più spesso, al tesoretto del presidente che tutti vorremmo vedere ben impiegato ai fini di un potenziamento della rosa e di un consolidamento del progetto societario. Sacrosanti auspici che condivido e sottoscrivo, ma che voglio affiancare, oggi, all’urgenza altrettanto forte di mettere al centro dell’attenzione la necessaria rivalutazione dell’altro, grande, capitale che il presidente De Laurentis (e con lui la società tutta) è chiamato a non disperdere, a non sciupare, a non sprecare: l’intera città veramente innamorata della maglia!
Mi sono trovato di fronte allo schermo televisivo a convincere mio figlio (e me stesso) che non c’era una partita truffaldinamente sottratta all’incantata e meravigliosa passione fanciulla di un piccolo tifoso. Mi sono arrampicato sugli specchi di una scusa: “no….saranno immagini registrate…non c’è nessuna partita che non siamo andati a vedere….credimi!”
Poi ho capito che la realtà da spiegare e raccontare (a mio figlio e a me) sarebbe stata più bella di una scusa utile a sviare la possibile delusione per l’assenza allo stadio; e ho cominciato a parlare di passione, di una città e di un popolo che a volte sanno donare il senso più bello alla festosità dell’evento condiviso, di una squadra sola che, al mondo, può attirare per un allenamento (s√¨, soltanto un allenamento), un numero di tifosi superiore a quello registrato, in media, nella maggior parte degli stadi italiani durante le ufficiali partite di campionato!
Dieci, quindicimila….che importa! Erano tantissimi. Bambini, famiglie, coppie, studenti e professionisti.
Tutti a far cosa? A Partecipare.
A cosa? Al rito antico della semplice condivisione; alla nobile pratica dello stare insieme uniti da un pretesto unificante, catalizzante passioni, fulcro di entusiasmi.
Ed ho rivisto il meglio della nostra storia, nei tratti di società che affondano le radici nell’humus più fecondo di quella humanitas che, guarda caso, vedeva l’antica Napoli greca capofila, in epoche passate, tra gli ambienti di riferimento culturale, civico e comportamentale.
Lo stadio come piazza, come agorà di condivisione umana, laddove non c’è neanche bisogno della partita, non è necessario neanche l’evento principale; basta ci sia il senso, l’appartenenza, una squadra che si allena; qualche moderno eroe del calcio ad insistere su una fascia; qualche palla insaccata, auspicio per altre segnature….
Erano tutti l√¨, custodi di una esigenza, più che di una passione: l’esigenza di condivisione che si fa, nel multiprospettico orizzonte esistenziale partenopeo, l’esigenza più bella e sentita in una città dai mille volti e dalle tante difficoltà.
Sembra resti solo il Napoli, a Napoli, per ritrovare questo spirito bello, dolente ed incantato; io spero non sia cos√¨. Ma se anche cos√¨ fosse ce lo faremo bastare, nell’attesa che politica, società, cultura (e noi stessi) sappiano, pian piano, accorgersi di quanto il popolo napoletano sia meritevole di una ricollocazione in un ambiente cittadino confortevole, civile, umanamente e culturalmente stimolante, non cos√¨ avventato da disperdere il più prezioso dei tesoretti: la civiltà partenopea.
Lei, presidente, invece già lo sa; e se li è trovati tutti l√¨, quei multiformi ed incantevoli tifosi. Non si sa bene a far cosa, non si sa bene perch√©….
Ma sicuramente meritevoli delle sue attenzioni, dei suoi sacrifici (economici e non), e di uno stadio che possa divenire luogo di ritrovo per il meglio di quanto, da nobili e seri cittadini del Meridione, ci portiamo dentro: dignità, cultura, civiltà, passione e tanti, tanti sorrisi.
Leonardo Acone