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LadieSoccer. Un tuffo nel giornalismo rosa, Rita Cocca: “Calcio no prerogativa maschile, il mio sogno? Eccolo”

Il lato venusiano del calcio viene sempre considerato un lato oscuro, non affascinante, non spettacolare, che non merita attenzione e visibilità. Dietro questo lato ci sono atlete, allenatrici e anche giornaliste. Un lavoro certosino, quasi perfezionistico di persone che lottano contro la storia, ma anche contro la cultura per riuscire a svolgere l’attività che più amano senza sentirsi giudicate, guardate con sdegno e disgusto, ma soprattutto senza essere considerate come pezzi di carne posizionate lì per attirare l’attenzione e lo share davanti alla TV.

In questo senso Sport Campania ha deciso di dare visibilità al lato rosa del calcio, con la nostra nuova rubrica LadieSoccer. Per la settima uscita abbiamo deciso di raccontare Rita Cocca, giornalista e conduttrice televisiva napoletana che ha dietro tanta gavetta e un sogno da raccontare.

Rita Cocca, giornalista e conduttrice

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Nasce perchè è una passione che ha sempre legato anche i miei genitori che sono, sia mia madre che mio padre, molto tifosi del Napoli. E’ stato quindi un elemento di contatto nella mia famiglia”.

Hai mai praticato o voluto praticare il calcio?

Mmmh, no. Ti dico la verità no, anche perchè ho sempre fatto danza. Mi piace vedere le partite ma sono una schiappa, ci ho provato, quindi non l’ho mai praticato”.

Gavetta nel mondo del calcio come giornalista ora conduci una trasmissione, come arriva l’amore per questo mestiere?

Nasco nel  mondo dilettantistico, come hai ricordato tu, ed è una passione che è rimasta e appena posso scappo a vedere qualche partita dei campionato minore perchè penso che lì si respiri ancora il calcio vero. ora conduco una trasmissione sul Napoli, una squadra di Serie A, in una trasmissione tutta mia e ne vado fiera. Sono riuscita a legare quello che era un amore per la TV ad un  amore per lo sport, da qui nasce la mia voglia di fare la conduttrice”.

Napoli nel cuore, ma c’è qualche squadra delle categorie minori a cui sei particolarmente legata?

Assolutamente sì, adesso purtroppo oggi non esiste più ed è il Pianura, perchè sono nata proprio con quella squadra con la famiglia Cafasso e adesso non sono più nel mondo del calcio. Quindi se dovessi dire una a cui sono particolarmente legata è il Pianura perchè è stato il mio primo amore. Ovviamente parliamo del Pianura di mister Gargiulo con bomber Tommaso Manzo, in ogni caso con mister Sarnataro, che ora è l’allenatore del Pianura in Promozione, l’ho ritrovato nella Portici poi nella Puteolana e con lui ho un ottimo rapportoAnche se, comunque, tutte le squadre per cui ho lavorato mi hanno lasciato qualcosa partendo dal Portici, alla Sibilla, la Puteolana, la Turris, tutte davvero e tutte le tifoserie sono eccezionali”.

Parlando tra donne sappiamo che la nostra presenza nel mondo del calcio è mal visto e a volte frainteso. Ti sei mai imbattuta in episodi di sessismo? O anche una sorta di maschilismo che hanno sminuito la tua dignità professionale?

Fortunatamente no. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con i colleghi in tutte le esperienze che ho avuto. Sicuramente spesso veniamo etichettate nel senso che la nostra figura non è ben vista nel mondo del calcio, le donne non possono parlare di tattica, non possono parlare di calcio, ecc. Fortunatamente ho sempre trovato colleghi e addetti ai lavori che sono prima amici, quindi c’è una forte stima alla base. Però, sfortunatamente questa è una piaga molto brutta”.

Nella tua esperienza da giornalista hai anche avuto modo di interfacciarti con il calcio femminile?

Assolutamente sì, ho seguito la Carpisa quando militava nel campionato di Serie A. E’ stata un’esperienza molto avvincente. Mi fa piacere che si stia dando lustro anche al calcio femminile, che spesso, cioè, sempre, non era seguito. Ora è bello vedere che ci sono i mondiali e vengono seguite, perchè anche le donne possono praticare calcio”.

Questione quarantena e pandemia, riprendere o no. Il tuo pensiero qual è?

“Questa è una bella domanda, la risposta è difficile. Penso che la vita umana sia più importante dei campionati anche se sicuramente il campionato di Serie A è per le società un’azienda. Quindi si rischia il fallimento, però è altrettanto vero che si potrebbe mettere a repentaglio la vita di molti calciatori, basti pensare al numero di casi nella Sampdoria e in altre società. A mio avviso, no. E’ meglio evitare, ma è anche necessario andare incontro ai presidenti e cercare delle manovre per aiutare anche loro”.

Qual è il tuo sogno per il calcio in generale e quello femminile, essendo comunque una parte rosa del movimento?

Il mio sogno è che si possa parlare di calcio senza razzismo, senza distinzione di colore, perchè non esiste, che le tifoserie siano gemellate, tutte che episodi come quello di Ciro Esposito non ci siano più. Questo per il calcio in generale. Per il calcio femminile, che possa avere la visibilità che meritano perchè ci sono molte atlete davvero bravissime e che si smetta di pensare e dire che il calcio sia un mondo solo maschile, perchè non è così”.

E per te stessa cosa sogni?

“Sogno di poter continuare a esercitare questa passione e che possa diventare il lavoro della vita”.

 Tra cinque anni ti vedi….?

Spero a tutti gli effetti di essere una giornalista affermata e soprattutto mamma, ti dico con certezza mamma, mi vedo mamma”.