Dopo una stagione di stop, Enzo Potenza decide di cambiare vita e spostare il proprio lavoro a Malta. Mondo, quello del calcio, ovvio. Nella scorsa annata l’arrivo sull’isola del Mediterraneo meridionale, l’avventura al Senglea, dove le difficoltà sono state tante. Poi chiamato al Floriana per prendere l’eredità dell’ex Savoia Ugolotti che aveva chiuso all’ottavo posto in classifica.
Subito un cambio di rotta, numeri importanti un prima mai messo in discussione. Poi sul più bello il lockdown e la chiusura con sei giornate d’anticipo, nei giorni scorsi è arrivata la decisione della Federazione: Floriana in Champions, ma ancora in bilico per la vittoria del campionato che “non è stato ancora assegnato, nei prossimi giorni si deciderà” .
“A prescindere da come andrà a finire, comunque, ho detto ai miei ragazzi che per me hanno giù vinto. –racconta Enzo Potenza ai colleghi di Metropolis- Per l’impegno, la dedizione la fame e i risultati. Siamo partiti con una squadra inesperta, ricca di sudamericani che hanno dimostrato di essere più forti e maturi di noi. Volevamo arrivare in posizione Europa League. Sapevamo che era difficile –confessa il tecnico del Floriana- i ragazzi hanno costruito questo castello. Abbiamo tutti i requisiti, ma non so chi e come voterà. Sicuramente ci sarebbe piaciuto chiudere la stagione sul campo, conquistare il titolo giocando fino all’ultima partita, ma non possiamo contraddire chi è più competente di noi in materia di virus. Dal primo momento abbiamo agganciato la vetta, abbiamo il miglior attacco, la miglior difesa, dodici risultati utili consecutivi, diciotto gol segnati da palla inattiva. Numeri importanti. Siamo quindi arrivati a sognare che avremmo potuto farcela. A gennaio abbiamo avuto un periodo difficile, ma siamo riusciti a riprenderci grazie alla fame e la voglia di vincere, abbiamo reagito con orgoglio e siamo arrivati sin qui”.
Dopo quasi due anni di fermo dopo l’esperienza a Casal di Principe e la parentesi alla Turris durata appena tre giornate contestazioni e un’eredità pesante, per Potenza la svolta è arrivata proprio a Malta. Il suo esordio è arrivato nel ’96sulla panchina del Camaldoli del presidente Di Marino, poi esperienze importanti al Capri di Floro Flores, la vittoria del campionato con il Pianura dei fratelli Cafasso, la Libertas Stabia, l’Arzanese, il Quarto: “Credo che il calcio sia fatto di opportunità. Ci sono tanti motivi per i quali non si accetta un progetto. A volte non ci sono proprio le basi per intavolare una trattativa. Io ho sempre scelto di seguire il mio percorso, con errori o con cose positive, non mi sono mai immischiati in altre situazioni. Ho percorso la mia strada, Ho avuto a che fare con dirigenze di Serie A nonostante non stessero in Serie A, il presidente Floro Flores, i fratelli Cafasso. Ognuno quando inizia cerca di raggiungere il massimo, ma non sempre accade. Alla fine chiunque nella vita si ritrova dove merita. Io credo che è troppo semplice dire non sono arrivato lì per colpa di Tizio, bisogna farsi trovare pronti quando arrivano le opportunità. In Italia tanti potrebbero arrivare lontano se avessero la costanza, l’impegno, la mentalità. Nel corso degli anni sono cambiato, ma è stata l’età. Bisogna guardare le cose da diverse angolazioni. Calcisticamente si cambia sempre. Il calcio è materia in continua evoluzione, come la medicina. Bisogna studiare sempre ed è quello che ho continuato a fare nonostante il campionato fosse sospeso”.
Ogni campionato ha una storia a sè, così come ogni federazione e l’isola mediterranea non è da meno: “A Malta è tutto diverso. Si vede molto l’assetto organizzativo come in Inghilterra, il tecnico è spesso chiamato in causa per questioni di bilancio o altro. Siamo allenatori, ma ci interfacciamo con tutti. Qui si parla di comitati più che di club dove a capo c’è il presidente. In ogni caso cambia poco per il resto. L’allenatore deve essere capace di instaurare un giusto dialogo con i calciatori, trovare la giusta chiave. Il dirigente che investe molto, vuole il massimo, sempre e arrivare al Floriana e vedere tutti quei trofei fa comprendere la dimensione del club. In quanto alla tifoseria, c’è una cultura diversa. Allo stadio si va con le famiglie, con i palloncini, è una festa. Si esulta, si fanno i cori contro gli avversari, ma alla fine della partita ognuno va a casa, finisce tutto”.
“Dedico questa Champions a me stesso, alla squadra, ai tifosi, alla dirigenza, ma soprattutto alla mia famiglia” – Con queste parole si congeda Potenza.