Bentornati al nostro consueto appuntamento settimanale con la rubrica C’era una volta il Calcio. Nel nostro viaggio lungo la storia dello sport più bello del mondo, oggi facciamo tappa nella Roma degli antichi, per andare a riscoprire un gioco molto in voga a quei tempi. Stiamo parlando dell’Harpastum (Arpasto, tradotto in italiano).
Storia del gioco. L’Harpastum (o Arpasto), era un gioco atletico praticato dagli antichi romani, i quali, spesso, indicavano tale pratica anche con la nome gioco della palletta, poich√© l’attrezzo utilizzato per lo svolgimento del gioco era una palla di piccole dimensioni, probabilmente grande quanto un moderno pallone da pallamano. Il nome Harpastum deriva dal greco harpasst√≥n che letteralmente significa strappato, portato via. I romani scoprirono questo gioco durante le campagne di conquista in terra Greca del II secolo a.C., prendendo spunto dal gioco ellenico dell’Episkuros e diffondendolo, poi, per tutto l’impero. Considerato uno sport completo, divenne parte integrante dell’addestramento dei gladiatori, e veniva giocato anche dalle legioni, soprattutto da quelle d’istanza ai confini. Le partite si svolgevano, infatti, fra le legioni romane e le popolazioni autoctone (famosa quella contro i britannici del 276 d.C. che vide vincere i barbari per 1-0).
Attrezzatura. Harpastum era anche il nome dato al pallone che era una piccola sfera dura e ripiena di lana (o stoppa) con la quale veniva praticato il gioco.
Svolgimento. Stando alle poche fonti scritte giunte fino a noi, sembra che l’Harpatum fosse un gioco alquanto violento, del quale non esiste documentazione attendibile riguardo a regole di gioco. Con tutta probabilità, durante lo svolgimento degli incontri, diversi atleti subivano ferite (anche gravi). Il campo da gioco era costituito da spiazzi o piazzali sabbiosi ed il numero di giocatori per squadra poteva variare da 9 a 30. L’obiettivo era quello di oltrepassare la linea di fondo-campo avversaria con il pallone (una sorta di meta, per intenderci.
A cura di Giovanni Tafuto